Dietro la porta socchiusa: coltivare l’incontro quando un figlio si ritira

La stanza sigilla gli odori dei giorni, la luce filtrata da una tenda spessa scandisce le ore più di qualunque orologio, mentre in corridoio i passi familiari rallentano per non disturbare. Quando un adolescente sceglie il ritiro, la casa intera si adatta al suo silenzio: piccole abitudini cambiano, le parole si fanno caute, l’aria sembra sospesa tra la paura di forzare e il desiderio di farsi ascoltare. È in questo equilibrio fragile che genitori e figli possono iniziare — o ricominciare — a parlarsi.

Dott.ssa Marica Malagutti

5/11/20251 min read

man in black shirt sitting on chair
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Il ruolo silenzioso (ma saldo) dei genitori

  • Regole che rassicurano
    Orari dei pasti, spazi comuni curati, ritmi di sonno veglia monitorati con discrezione: la cornice familiare non va azzerata, va resa elastica.

  • Dialogo “a bassa voce”
    Domande brevi, mirate al presente (“come stai ora?”, “ti serve qualcosa per la notte?”) evitano interpretazioni o diagnosi improvvisate che rischiano di irrigidire.

  • Gestire l’impotenza
    Rabbia e senso di colpa sono reazioni frequenti; riconoscerli, magari all’interno di un gruppo di sostegno o in un colloquio dedicato ai genitori, riduce la pressione che altrimenti ricadrebbe sul figlio.

Riaccendere l’interesse

Un hobby interrotto, un talento lasciato in sospeso, anche la semplice curiosità per un videogioco online possono farsi ponte verso l’esterno. Facilitare l’accesso a materiali, tutorial, comunità tematiche restituisce all’adolescente la possibilità di contare su una competenza e, talvolta, di incontrare coetanei in contesti più protetti e graduali. Non si tratta di “riempire il tempo”, ma di coltivare germogli di motivazione che possano, in un secondo momento, trasformarsi in relazioni reali.

Quando serve uno sguardo terzo

Può accadere che, nonostante l’impegno di tutti, il dialogo rimanga in stallo. In quei frangenti creare un luogo neutro, dove timori e aspettative reciproche possano essere messi in parola, diventa spesso la svolta che alleggerisce il clima domestico e aiuta a riformulare obiettivi condivisi. Affidarsi a una figura professionale consente di distribuire il carico emotivo, fornendo strumenti concreti tanto al giovane quanto ai familiari per continuare il percorso di riavvicinamento in modo più sereno e sostenibile.

Muovere l’interno prima dell’esterno

Le prime aperture non sono quasi mai porte spalancate: spesso sono messaggi in chat, richieste pratiche, frasi monosillabiche. Accoglierle senza celebrare il “successo” permette al ragazzo di non sentirsi sotto esame. Piccoli accordi — l’orario di un pasto condiviso, una passeggiata breve nelle ore serali, la scelta di un film da vedere insieme — valgono più di obiettivi ambiziosi. Non c’è un’unica direzione di marcia: ciò che conta è dare continuità a ogni passo, per quanto minimo, così che l’esterno smetta di apparire minaccioso e torni lentamente abitabile.